venerdì 11 novembre 2011

Don Gimo era nato sacerdote - di Giovanna R.

Riceviamo da Giovanna Rizzato, nipote di don Gimo, questo testo che venne pubblicato nel periodico "L'eco del Brenta" come lettera del 29 gennaio 2011 rivolta al parroco di San Nazario don Gaetano.
Grati per la condivisione la presentiamo in questa sede.

Don Gimo era nato sacerdote

Carissimo don Gaetano,
ho avuto modo di leggere il numero 84 de L’Eco del Brenta e volevo comunicarti una mia riflessione su quanto hai scritto ed è stato raccolto su mio zio don Gimo Maino.

Ho come l’impressione che don Gimo sia proprio nato sacerdote: sai quando hai chiara la sensazione di essere stato chiamato a fare o essere qualcosa di preciso? Quando ho letto la sua prima omelia del 1970, mi è parso di vedere le ultime prediche che abbiamo trovato nella sua scrivania e che scrisse tra luglio e agosto dello scorso anno.

La sua è stata una strada ben chiara:
  • segnata fin dal suo inizio in maniera precisa, costante, sicura;
  • che si è fatta d’asfalto per permettere anche a molte altre persone di percorrerla comodamente;
  • che si è allargata perché molti hanno voluto unirsi al suo percorso;
  • che spesso offriva soste e ristoro per chi aveva bisogno di rallentare un po’;
  • che qualche volta è stata anche tortuosa, dissestata, ma Gimo ha saputo mettere la marcia giusta impedendo scossoni e balzi;
  • che alla fine ha dovuto a malincuore chiudere tutti quegli svincoli, ponti, passaggi, intersezioni che lo collegavano agli altri per proseguire solitario verso l’Oltre, non senza un po’ di rammarico per non avere potuto incontrare altri viaggiatori.

Ti ringrazio ancora, don Gaetano, per il tempo e lo spazio che la tua parrocchia ha voluto dedicare a don Gimo.
A dire il vero lo zio ci ha resi partecipi della vita nelle comunità dove ha svolto il suo servizio. Noi parenti abbiamo conosciuto le sue tante famiglie e con loro abbiamo condiviso molti momenti della nostra vita: dall’inizio quando lui ha “imparato a fare il parroco”, alla fine, quando è stato amorevolmente seguito negli ultimi giorni della sua vita terrena.
In modo particolare mi ricordo una splendida giornata trascorsa proprio a San Nazario. Eravamo passati a salutarlo dopo avere camminato a lungo nelle meravigliose montagne che circondano il paese. Siamo giunti stanchi in canonica e lì abbiamo trovato non solo lo zio ad accoglierci, ma la comunità: un sorriso, un saluto, ricordo piacevolmente i gelati offertici al bar (che ristoro!) e il continuo andirivieni di ragazzi, di giovani, di persone di ogni età. La canonica sembrava davvero una grande famiglia e don Gimo aveva uno sguardo attento per tutti, una parola affettuosa per chi ne aveva bisogno, una battuta gioiosa che inevitabilmente ti strappava un sorriso, si stava bene davvero.

Un po’ di dolore per la sua perdita si è attenuato, ma la sensazione è quella di avere smarrito la strada di cui dicevo poc’anzi e che talvolta manchi la forza per ripartire con le proprie gambe, forse impauriti per la perdita di una guida forte e sicura, che sapeva essere balsamo per le nostre ferite interiori.

Concludo con queste righe di Adriana Zarri, teologa, che ci ha lasciato anche lei lo scorso anno e che mi hanno colpita perché mi hanno ricordato le ultime immagini di don Gimo, che è salito in cielo con la sua stola colorata, quella che preferiva, con il volto sereno e che vorrebbe essere ricordato per la sua discreta ma profonda semplicità:
“Non mi vestite di nero: è triste e funebre,
non mi vestite di bianco: è superbo e retorico.
Vestitemi di fiori turchini e rossi…
E sulla tomba non mi mettete marmo freddo
Con sopra le solite bugie che consolano i vivi.
Lasciate la terra che scriva, a primavera, un’epigrafe d’erba.
E dirà che ho vissuto, che ho atteso, che attendo”

Buon cammino,
Giovanna Rizzato

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